Paolo Guzzanti è talmente fazioso che riesce ad aver torto anche quando ha ragione. In un articolo sul Giornale del 20 gennaio afferma che Donald Trump è stato (come lo è tuttora) linciato dalla sinistra radical chic, sia americana che italiana, e che questo ‘vizietto’ della demonizzazione dell’avversario è tipico di questa stessa sinistra. Tutto vero.
Poiché noi non siamo stati dei demonizzatori di Trump ma al contrario abbiamo scritto prima che fosse eletto che c’erano molte buone ragioni per preferirlo ad Hillary Clinton (Addio Impero, finalmente) abbiamo, a questo proposito, la coscienza tranquilla. Il fatto è che l’articolo di Guzzanti, scritto in forma di lettera, rivela subito che la difesa di Trump non è che un pretesto per stabilire un parallelo con Silvio Berlusconi e che quindi la difesa del nuovo presidente degli Stati Uniti altro non è che una difesa postuma dell’ex Cavaliere.
Non è possibile instaurare alcun parallelo, come invece fa Guzzanti, fra questi due personaggi. La sola cosa che gli unisce è che sono due imprenditori che a un certo momento della loro esistenza hanno deciso di entrare in politica. Guzzanti scrive che Berlusconi ha avuto sempre tutti i media ostili. Ora, Berlusconi è stato, ed è, proprietario di tre network televisivi, di un quotidiano, e nei periodi in cui è stato al governo aveva le mani su Rai Uno e Rai Due, ma in questo non diversamente da qualsiasi Presidente del Consiglio italiano (a questo proposito mi ricordo una bella copertina dell’Espresso, quando era ancora l’Espresso e non un giornale samizdat, all’epoca in cui imperava Craxi di cui Guzzanti fu ed è un grande estimatore e rivalutatore, nella quale si vedevano due belle ragazze appoggiate a due televisori, e che recitava così: “Caro Craxi siamo tue, Tiggiuno e Tiggidue”). Affermare, come fa Guzzanti, che Canale Cinque, Italia Uno, Rete 4 fossero “politicamente neutrali perché vendono pubblicità per tutti gli acquirenti” è semplicemente risibile. Ohé Guzzanti, siamo ancora vivi e tutti ricordiamo quanto “politicamente neutrali” fossero quelle Reti. Trump non ha né una Tv né un giornale.
Berlusconi è stato condannato per gravissimi reati, fra cui la corruzione di magistrati, in primo e in secondo grado, salvato più volte dalla prescrizione (ma almeno in due casi la Cassazione accertò che quei reati erano stati effettivamente commessi) definito “delinquente naturale” e infine condannato in via definitiva a quattro anni di detenzione per frode fiscale anche se ne scontò solo uno con quel ridicolo ‘affidamento ai servizi sociali’ che tutti ricordiamo. La fedina penale di Donald Trump è pulita.
Guzzanti sottolinea come la sinistra abbia il ‘vizietto’ di bollare come volgari e ineleganti i suoi avversari. Vero. Ma dimentica che lo stesso trattamento è stato riservato a Umberto Bossi e Antonio Di Pietro e non mi risulta affatto che Guzzanti ne abbia preso le difese, al contrario, soprattutto con Di Pietro, è stato uno dei protagonisti di quei crucifige.
Guzzanti scrive che la sinistra ha un autentico “orrore per il nuovo”. Vero. Ma si dimentica che questo “orrore” è stato riservato anche alla Lega e oggi colpisce in modo violento, cui Guzzanti partecipa, Beppe Grillo e tutti i rappresentanti dei Cinque Stelle.
Ecco perché Paolo Guzzanti anche quando ha ragione finisce per mettersi dalla parte del torto.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 24 gennaio 2017
Sapete qual è la novità? I veri fascisti, antropologicamente parlando, sono i democratici. Il Pd ha chiesto al Tribunale Civile di Roma l’ineleggibilità di Virginia Raggi per aver firmato il codice di regolamento interno dei 5 Stelle. Ricorso risibile che il Tribunale ha puntualmente e ovviamente respinto. I partiti, come ci sgoliamo a ripetere, e ci fa piacere che Marco Travaglio abbia assunto con decisione questa posizione che parte dalla lettura della Costituzione (art.49), sono delle associazioni private i cui regolamenti interni non hanno alcuna rilevanza pubblica. Se si assumesse una posizione opposta ogni partito potrebbe dichiarare illegittimo qualsiasi altro. L’ipergarantista Giuliano Ferrara ha scritto: “Chiamate i carabinieri. In un Paese serio sarebbe già in campo un’iniziativa legale per lo scioglimento di un movimento reazionario come quello di Grillo”. Cerasa ha aggiunto che bisogna “sciogliere il M5S”. Se un partito è reazionario o no è una questione politica e non giuridica. Se il M5S è un partito reazionario, ammesso e niente affatto concesso che lo sia, sono fatti suoi, di chi vi aderisce e di chi lo vota.
Questa storia in Italia si ripete. Il MSI, che rappresentava cinque milioni di italiani, fu tenuto fuori per anni dall’agibilità politica con la truffa dell’’arco costituzionale’, favorendo così tra l’altro la nascita alla sua destra di movimenti realmente eversivi non per le loro idee (ogni idea in democrazia dovrebbe essere legittima, a meno che la democrazia stessa non voglia trasformarsi in un regime totalitario o confessionale) ma perché le voleva far valere con la violenza che essa sì è inaccettabile. Per restare a tempi più recenti anche la prima Lega di Bossi e di Gianfranco Miglio, che era un giurista di primissimo ordine, fu accusata di essere un movimento ‘eversivo’ così come ‘eversivo’ è il movimento di Grillo almeno stando alle parole di Sabino Cassese. Anzi nel caso della Lega dalle parole si passò ai fatti e per la prima volta nella storia della Repubblica italiana la Digos fece irruzione nella sede di un partito politico (i meno giovani ricorderanno, forse, l’immagine di Bossi che sostiene la testa di Roberto Maroni manganellato a sangue). Insomma ogni volta che in Italia compare qualcosa di nuovo che non piace a lorsignori gli ipergarantisti democratici invocano le manette.
Ma la questione non è solo italiana. Donald Trump è stato eletto Presidente degli Stati Uniti d’America secondo le leggi che vigono in quel Paese. Ma sul Corriere della Sera Beppe Severgnini, che interpreta al peggio una certa visione americana della democrazia, concepita in modo che le lobbies e le grandi organizzazioni economiche e finanziarie abbiano sempre la meglio sulla popolazione, afferma, sia pur contorcendosi come un acrobata da strada, perché non può non rendersi conto della contraddizione, che Donald Trump è inaccettabile. Io non so se Trump sia accettabile o no politicamente, so che è il legittimo Presidente degli Stati Uniti.
Si ripete qui, incredibilmente perché siamo nel democratico Occidente, quella concezione totalitaria della democrazia che gli stessi occidentali hanno utilizzato, con le armi, in Paesi ‘altri’. Nel 1991 il FIS (Fronte Islamico di Salvezza) vinse a grande maggioranza le prime elezioni libere in Algeria dopo decenni di dittatura di generali tagliagole. Ma i democratici occidentali appoggiarono immediatamente il colpo di Stato di quelli stessi generali. E fu guerra civile per vent’anni. Nel 2012 i Fratelli Musulmani vinsero le prime elezioni libere in Egitto. Ma immediatamente gli occidentali appoggiarono il golpe del generale Abd al-Fattah al-Sisi e il democraticissimo Matteo Renzi si spinse a definire questo massacratore “un grande statista”.
Insomma per certi democratici, che ci si vergogna a chiamar tali, la democrazia vale quando vincono loro, non vale più se vincono gli altri.
In Italia è molto difficile che il Movimento Cinque Stelle venga espulso ‘manu militari’ ma stando alle dichiarazioni di Giuliano Ferrara, di Sabino Cassese e di altri ‘democratici’ e alla violenza antileghista della polizia nei primi anni Novanta, non è escluso che questo possa avvenire. E allora sarebbe guerra civile. Come in Algeria. Come in Egitto.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 20 gennaio 2017
“Gelicidio”. Questo termine raggelante, è il caso di dirlo, che richiama eccidi, stermini di massa, genocidi e forse persino la Shoah, è stato usato a manetta, a partire da venerdì, da tutti i media nazionali, dai meteorologi, dagli esperti dell’Aeronautica militare. Che cos’è il “gelicidio”? E’ il sottile strato di ghiaccio che può formarsi sull’asfalto quando cade una pioggerella mista a nevischio. L’epicentro del “gelicidio” era stato individuato dai meteorologi a Milano e sulle strade e autostrade che si diramano dal capoluogo lombardo, soprattutto verso est. Le descrizioni erano catastrofiche: moltitudini di ciclisti che capitombolavano a terra, pedoni fratturati per essere scivolati sull’asfalto ghiacciato, incidenti di macchina a ripetizione, ulular di autoambulanze, i Pronto soccorso in “codice nero” (questa è la prima volta che la sento) per sovraffollamento.
Io vivo a Milano. Venerdì mattina, che doveva essere il climax, lo zenit, l’apice del “gelicidio”, sono uscito a fare quattro passi con un amico che viene poco a Milano per fargli conoscere luoghi un po’ particolari della città. In due ore non abbiamo visto ciclisti capitombolare rovinosamente, pedoni scivolare, né sentito un concerto di ambulanze diverso dal solito. Il pomeriggio sono partito per Brescia, su un’autostrada che secondo i cantori del “gelicidio” doveva essere la tomba delle automobili e dei loro passeggeri. In effetti il lastrone di ghiaccio sull’autostrada è insidioso perché se lo prendi a una certa velocità perdi il controllo della macchina e vai a sbattere. Ma con un minimo di esperienza lo puoi individuare anche da una certa distanza perché l’asfalto cambia colore, diventa di un grigio rifrangente (è l’effetto-specchio). In ogni caso sull’autostrada del possibile “gelicidio” non abbiamo trovato, né all’andata né al ritorno, un solo lastrone di ghiaccio.
A Milano a gennaio e febbraio ha sempre fatto freddo, a parte le due ultime stagioni in cui non abbiamo avuto inverno ma temperature quasi primaverili dovute probabilmente ai cambiamenti climatici in corso in tutto il mondo (con fenomeni estremi, come, da noi, le gelate in Puglia che hanno messo in grave difficoltà l’agricoltura, causati, in barba a Myron Ebell, dalla produzione di CO2). Ma negli altri settant’anni della mia vita cosciente l’inverno milanese è sempre stato freddo e anche freddissimo. Mi ricordo che nei Beati anni del castigo per dirla con il titolo di un bellissimo libro di Fleur Jaeggy, cioè quando ero ragazzo e calcavo i campi del pallone, di aver giocato, di pomeriggio (non c’erano ancora le partite in notturna, almeno per noi delle giovanili) anche a 5°, a 7° sottozero. Ma non ce ne facevamo un problema. Del resto quando corri il freddo non lo senti, chi se la cavava male era il portiere che doveva saltellare in continuazione per non assiderare.
Il “gelicidio” ha colpito, a sentir le tv, anche Roma. Ora Roma ha un clima meraviglioso (le ‘ottobrate romane’) e un solo mese veramente invernale, gennaio, in cui la temperatura può scendere, soprattutto la notte, vicino allo zero e anche sotto. Dov’è la novità?
Siamo vittime, non bastassero gli altri, di un terrorismo climatico. La ‘bomba d’acqua’: sono onesti temporali come sempre ci sono stati e sempre ci saranno.
La prossima estate si inventeranno il ‘solicidio’. Del resto è già da un bel po’ di anni che i media ci tempestano e ci terrorizzano narrando l’ascesa di temperature omicide: 35°, 40°, 45 gradi in Puglia. Come se non bastasse, per non farci mancar nulla, adesso aggiungono la ’temperatura percepita’ che fa salire di quattro o cinque gradi il barometro. I cupi ammonimenti sono rivolti soprattutto ai vecchi che muoiono più per la paura che per il caldo (oltre che per la solitudine, perché d’estate i figli se ne vanno in vacanza, ma questo aprirebbe tutto un altro discorso).
D’estate fa caldo, d’inverno fa freddo. Oh bella! D’estate poi il terrorismo climatico si coniuga con quello diagnostico. Poiché veniamo da inverni in cui siamo stati prevalentemente fermi e in vacanza riprendiamo a fare un po’ di moto, dovremmo auscultarci, palpeggiarci, usare il frequenzimetro per controllare il ritmo del battito cardiaco. Se dobbiamo passare le vacanze in questo modo angoscioso tanto vale restare a casa.
C’è un’esagerazione, un’amplificazione, un’enfasi, una sproporzione in tutto (se tre ciclisti vengono investiti da un’auto è già “una strage”- le stragi sono un’altra cosa- se una povera ragazza si trova nel giorno sbagliato nel posto sbagliato non è una vittima ma un eroe la cui salma viene ricevuta all’aeroporto dal Presidente della Repubblica con onori quasi militari).
Siamo una società dell’iperbole, che ha perso il senso della misura o, più semplicemente, il buon senso.
Massimo Fini
Il Fatto Quotidiano, 17 gennaio 2017