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Alain Delon. Le ultime vicende di colui che è stato un mito, una sorta di Brigitte Bardot al maschile, sono una dimostrazione per così dire planetaria, data la notorietà del personaggio, di come non sia un bene portare la vita oltre certi limiti. Delon, che ha 88 anni, ha dichiarato: “La mia vita è finita. Voglio morire”.

Il biblista dice “settanta sono gli anni della vita dell’uomo”. Mi sembra ragionevole, se uno a settant’anni non ha vissuto tutto ciò che voleva vivere e pensato tutto ciò che voleva pensare, è bene che torni “alla casa del Padre”, come dicono i cattolici. Comunque grazie, o meglio a causa, della medicina moderna si possono sgraffignare senza infamia e senza lode una decina d’anni. In Italia l’aspettativa di vita, che corrisponde in pratica alla vita media – nel Medioevo si scontava l’alta mortalità natale e perinatale che lasciava in vita i più robusti – è di 84 anni. Ma bisogna vedere come si vivono questi anni in più. E la depressione, che è molto spesso la compagna della vecchiaia, può arrivare anche molto prima. Vittorio Gassman, che col suo fisico e il suo temperamento fino ai sessant’anni era stato un ragazzo, anzi un ragazzaccio, si rese conto che non poteva più recitare quella parte ed entrò in una depressione che lo accompagnerà fino alla morte, avvenuta a 78 anni. È ovvio che più la tua vita è stata intensa e più ti è indigeribile la vecchiaia. Ci sono persone che sono “nate vecchie”, come Piero Ottone, che è stato direttore del Corriere della Sera, e che non a caso ha scritto un libro, Memorie di un vecchio felice, in cui peraltro si insinua costante il pensiero della morte. Insomma chi è “nato vecchio” fa meno fatica ad accettare la vecchiaia. Per chi ha avuto una vita movimentata e spavalda vale il contrario e l’esistenza di Delon fu spavalda, ormai ne dobbiamo parlare al passato, non solo nel cinema dove è stato un ottimo attore e in alcuni casi anche un grande attore, ma nella vita. Si arruolò giovanissimo nella Legione Straniera. Nei momenti di massimo fulgore si circondava di guardie del corpo serbe, piuttosto feroci. Una di queste guardie fu trovata uccisa. I sospetti caddero non solo su Delon ma anche sulle altre guardie del corpo. Tutti i media, scalmanati come al solito quando c’è qualcosa di pruriginoso, aspettavano con ansia questa incriminazione, perché non c’è nulla che faccia più godere la gente del vedere un personaggio famoso con le spalle a terra. È la sorte che, in tempi attuali, capita a Ferragni, sia essa o no colpevole di quanto le viene addebitato (i piazzale Loreto sono sempre in agguato). Lui avrebbe potuto cavarsela facilmente scaricando in blocco le guardie del corpo, ma non lo fece. Per un punto d’onore. Quando Mireille Darc, che è stata la sua compagna dal 1968 al 1983, ebbe serissimi problemi di cuore, lui, che poteva avere mille altre donne, le rimase fedelmente accanto, non solo per generosità, ma perché si trattava di un punto d’onore.

Inoltre, oltre gli ottant’anni si apre una pianura desolata, inesplorata, tetra, cupa, atra come si esprimevano i Latini, che non è nemmeno immaginabile da chi non l’abbia raggiunta.

Adesso strugge vedere quest’uomo, aitante, che ha percorso una vita non priva di pericoli anche fisici, malmenato, picchiato da una donna che era stata una delle sue tante amanti e che poi era divenuta una sorta di badante. Un’umiliazione intollerabile. “La mia vita è finita. Voglio morire”.

Il Fatto Quotidiano, 2 febbraio 2023

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Si assiste in Occidente alla tendenza, sempre crescente, a rifugiarsi nell’esoterismo nelle sue varie declinazioni, nello spiritualismo, nello spiritismo, nella Kabala, nel satanismo (di cui, in Italia, è centro Torino, la più cupa e tetra delle città), nel sufismo, nello sciamanesimo, nella stregoneria, nella Magia possibilmente nera, nel “menagramo“, tutte cose che hanno sostituito i più simpatici, innocenti e innocui Tarocchi cui nessuno ha mai seriamente creduto, era un divertimento come un altro. L’esoterismo attraverso la Thule era praticato da personaggi che occupavano i più alti gradi del nazismo, Himmler, Goering, Hess, Eckart, Rosenberg, Frank (si veda il bel libro Il nazismo magico di Giorgio Galli, che è morto di recente, adesso dobbiamo accontentarci di Ferragni). Non è un buon segno. Si crede poi, quale ordinatore del mondo, al numero 22 che sono le lettere che compongono l’alfabeto ebraico e 22 sono i capitoli dell’Apocalisse. Si crede alle coincidenze per cui nulla avviene mai a caso (le “coincidenze” hanno sostituito la vecchia, cara e innocua scaramanzia) cosa che è all’origine di tutti i “complottismi”.  Anche la Massoneria che pur era nata proprio per liberarsi dell’esoterismo, in realtà nelle sue pratiche (“il muratore” eccetera) lo riafferma.

Perché questa crescita dell’esoterismo? Morto Dio nella coscienza dell’uomo occidentale, come aveva già preannunciato Nietzsche negli anni ottanta dell’Ottocento, morte le ideologie, per sottrarsi all’egemonia del nuovo dio, il Mercato, l’uomo cerca scampo altrove. E questa è la parte positiva. Ma ce n’è una, più preoccupante, negativa. Tutti questi fenomeni di tipo mistico, o piuttosto pseudomistico, possono indurre suggestioni e autosuggestioni pericolose soprattutto in soggetti fragili. Esemplare è la vicenda di don Bosco. Costui infilò sotto il cuscino di un adolescente che viveva nel suo convitto un bigliettino che diceva: “Domani morirai”. E in effetti l’indomani il ragazzo fu trovato morto (e l’han fatto pure santo il mascalzone). Se tu dici a uno: guarda che quando ti alzi dal divano puoi morire d’infarto, quello prima o poi, suggestionato o autosuggestionato, morirà d’infarto.

C’è poi la credenza nel “menagramo”(La patente di Pirandello) che ha finito per uccidere Mia Martini. Ci auguriamo che questo non capiti all’innocente, almeno in questo caso, Delmastro, che ha avuto la sfortuna di trovarsi in due casi in luoghi dove era successo qualcosa. Perché al di là di ogni esoterismo puerile la Sfortuna, cioè il Caso, esiste. Come dice la voce popolare: “La fortuna è cieca, ma la sfiga ci vede benissimo”.

Il Fatto Quotidiano, 30 gennaio 2024

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Ha suscitato sconquassi politici, intellettuali, morali l’annosa questione dell’eutanasia, tra chi vorrebbe ammetterla tout court, in testa i radicali che ne han fatto da sempre una bandiera (Luca Coscioni docet) e chi invece la nega. La polemica è riaffiorata perché il Presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, si è dichiarato favorevole senza se e senza ma, mentre fra gli stessi esponenti del suo gruppo “Liga Veneta” ci sono parecchie perplessità, per non parlare delle destre prese nel loro complesso dove prevale il principio meloniano “Dio, Patria, famiglia” la quale, la famiglia dico, è un “bene di Dio”, come si è espresso di recente papa Francesco, e in quanto tali lo sono i suoi componenti, ma anche nelle sinistre.

Cerchiamo di chiarire questa intricatissima questione. Bisogna rifarsi alla recente pronuncia della Corte costituzionale (242/2019) che cercando di disciplinare la materia afferma la possibilità di autosomministrarsi un farmaco letale a determinate condizioni. È perlomeno bizzarro il riferimento alle “determinate condizioni”. In epoca moderna il suicidio e anche il tentativo di suicidio non è un reato. Lo era nel Medioevo dove non potendo più colpire il suicida che si era sottratto alla giustizia terrena si infieriva su quanto era rimasto di lui in sede patrimoniale e anche religiosa: il suicida non poteva essere sepolto in terra consacrata e anche il suo patrimonio era incamerato, in tutto o in parte, dalle Istituzioni.

In epoca moderna il suicidio non è più considerato ovviamente un reato. Il tema si inserisce nel più vasto problema dell’“omicidio del consenziente” regolato dall’articolo 579 del Codice penale. E diventa ulteriormente intricato quando il morente, per le sue condizioni fisiche o intellettuali, non è in grado di dichiarare il suo consenso. Lo si dà quindi per presupposto. Fra i laici si sostiene che il cittadino non è una proprietà di Dio, però lo è della società e quindi costui, sopprimendosi, toglierebbe un bene alla società, in termini di tasse principalmente, ma anche di energie. Per i cattolici la questione è più semplice: l’uomo è una creatura di Dio e quindi appartiene solo al Supremo. L’omicidio del consenziente, come tutti i reati o presunti tali, può avvenire con un’azione o un’omissione. Omissione: non si dà più cibo e acqua al morente. A questo si attaccano sia i cattolici che i laici contrari all’eutanasia rifacendosi all’articolo 32 della Costituzione che afferma, in sostanza, che l’alimentazione, con cibo e acqua, è un diritto inalienabile. “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività... Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. Ma questo rispetto, come tutto il resto, nella fattispecie che stiamo trattando è già stato violato in radice imponendo all’individuo speciali macchinari che lo tengono in vita. Scrivevo in un articolo sull’Europeo intitolato “Perché abbiamo diritto alla ‘morte naturale’”: “L’eutanasia è il cosiddetto diritto alla morte senza sofferenze, il diritto alla “bella morte” secondo l’etimologia della parola (che fu coniata, pare, da Bacone). Facciamo un esempio classico: io sono ammalato di cancro, non sopporto più le sofferenze che esso mi provoca e chiedo a chi mi assiste di farmi un’iniezione letale o di non nutrirmi più, chiedo cioè di fare qualcosa che accorcia artificialmente il decorso naturale della malattia. Questa è eutanasia, questo è omicidio del consenziente”. Questa è la concezione, tutta moderna, del rifiuto del dolore, così come c’è un rifiuto della vecchiaia e, sottotraccia, anche della morte. Non c’è nessun diritto alla “bella morte”, c’è invece un diritto alla “morte naturale” cioè a una morte che non venga impedita da specialissimi macchinari. Quindi, come abbiamo diritto al suicidio, abbiamo un diritto ad andarcene senza l’ausilio di tecnologicissimi macchinari che non fan altro che allungare la nostra sofferenza. Per i cattolici invece noi offriamo la nostra sofferenza a Dio, per i laici alla società.

Comunque l’eutanasia è un diritto riconosciuto da quasi tutti gli Stati europei, per cui non si dovrebbe avere l’ulteriore impiccio di andare in Svizzera o in Olanda per por fine alla questione, sottoponendosi a viaggi pieni di angoscia. Né dovrebbe essere punito penalmente, come invece è, allo stato attuale delle cose, chi accompagna il morente. La penosa storia di Dj Fabo e il radicale Marco Cappato è esemplare.

Io sono ovviamente favorevole all’eutanasia, ma non mi sottoporrei mai a questi viaggi estenuanti. Preferirei una pistola. Insomma una cosa veloce, pulita, diversa dal gettarsi dal quarto piano perché resta sempre il dubbio che volando dal terzo al secondo cambi idea.

Il Fatto Quotidiano, 24 gennaio 2024